“Stacco la chiave, il testamento di Lizzani
Tre sole parole. Poi, un salto dal terzo piano della sua casa nel quartiere Prati a Roma. Carlo Lizzani, 91 anni, ha chiuso così la vita. Come l’amico Mario Monicelli aveva fatto tre anni fa: un gesto che Carlo, allora, aveva definito di “dignità”.
L’avevo visto spesso, Lizzani. Alto, asciutto, gran chioma bianca, gli occhi lucenti dietro gli occhiali spessi: cortese, riservato. Ci si incontrava alla libreria Mondadori a piazza Cola di Rienzo, dove sfogliava e comprava libri. Personalità eclettica: sceneggiatore (Germania anno zero di Rossellini) attore (Il sole sorge ancora di Vergano), critico cinematografico autore di una preziosa Storia del cinema, direttore della Mostra del cinema a Venezia nei difficili anni ’70.
Intellettuale legato alla sinistra, da sempre dava il meglio di sé nei film di carattere politico-sociale, più che nel settore giallo o della commedia. Aveva iniziato con Achtung banditi! nel ’51 sull’onda neorealista- una pagina della resistenza ligure -, e poi con Cronache di poveri amanti nel '53 dal libro di Pratolini – affresco pubblico e privato della Firenze fasciata. Prediligeva il racconto storico (Il processo di Verona, 1963; Banditi a Milano, 1968, Mussolini ultimo atto, 1974, Hotel Meina, 2007) i n cui dimostrava la sua capacità di narratore asciutto e documentato. Aveva omaggiato il Rossellini di ”Roma città aperta” con Celluloide nel ’95 e rievocato il testo di Silone Fontamara nel 1980.
Intelligente, colto, aperto alle novità: nessuno si aspettava una simile decisione. Amici registi come Scola e Montaldo, fra i l resto vicini di casa, sono sconvolti. La fine di un uomo rimane sempre un mistero, forse anche a sé stesso. Dicono che ultimamente fosse triste, senza luce negli occhi: la scarsa salute, l’età, la moglie malata. Quante cose possono pesare su di un uomo anziano…
Restano i suoi film, i suoi libri, la voglia di raccontare la storia della vita. Non è davvero poco.